ARCICONFRATERNITA DELLA MORTE E ORAZIONE

La prima forma embrionale della Confraternita si ebbe già dalla seconda metà del 1500 con le prime riunioni di Nobili della città che si riunivano per pregare in adorazione del Cristo Morto, ma , alla fine del XVI secolo, nel corso di una grave epidemia di peste, gli stessi devoti lancianesi, vedendo che nelle campagne e, talvolta, anche in città, molti defunti poveri rimanevano insepolti, cominciarono a dare cristiana sepoltura a chi moriva in povertà, accompagnando liturgicamente i loro cadaveri e suffragandoli con il sant’uffizio della Messa.
Si assolveva così l’impegno della prima Compagnia Confraternale di “gentiluomini” lancianesi: i Confratelli facevano la carità di portare a spalla i cadaveri di dentro e fuori le mura della città, dalla casa del defunto alla chiesa parrocchiale o ad altra chiesa destinata per l’inumazione. Essi indossavano una tunica nera legata alla vita con un cordone di crine nera e si coprivano la bocca ed il naso con un panno bianco perché molti cadaveri, abbandonati per lungo tempo, erano già in via di decomposizione (a tutt’oggi l’abito del nostro sodalizio mantiene gli stessi elementi di allora (solo il panno è stato sostituito da una “pettina” bianca e con l’aggiunta del medaglione e del Rosario dal la metà del 1700).
Col passare del tempo, questi decisero di dare vita ad una Compagnia stabile, dato che in quegli anni avevano acquistato sempre più la fiducia e la protezione dei prelati della Diocesi, ma soprattutto l’ammirazione e la gratitudine della popolazione per la loro opera pietosa di dare sepoltura ai defunti e perché mostravano zelo nella pia pratica dell’Orazione e nell’Aiuto ai bisognosi. Ebbe così origine la Confraternita della Buona Morte ed Orazione in Lanciano, costituita da una Compagnia di gentiluomini adoranti l’effigie del Cristo Morto, che ebbe la sua prima sede all’interno della Chiesa parrocchiale di san Martino, nel quartiere di Lanciano Vecchia, nella quale rimase per circa tredici anni, dal 1608 al 1622 (la Chiesa, da un ispezione fatta il 13 gennaio 1613 da A. Caramanico, Vicario del Vescovo, risultava costituita da 5 altari: Altare Maggiora, Altare di Santa Maria del Carmine, Altare di di Santa Maria di Costantinopoli, Altare del Crocifisso ed Altare della Concezione).
Poiché i Sommi Pontefici concedevano benefici spirituali ed indulgenze, per godere di tali opere, la Confraternita si diede il titolo della “Buona Morte” e si rivolse all’Arciconfraternita della “Morte ed Orazione” di Roma, nata con le stesse finalità, per essere ad essa aggregata.
Infatti il Pontefice Pio IV, con bolla “Divina Providentiale Clementia”, del 17 novembre 1560, aveva concesso all’Arciconfraternita di Roma il diritto di fondare ed aggregare altre Confraternite, che, ovunque fondate, avrebbero goduto delle indulgenze e dei privilegi concessi all’Arciconfraternita Madre di Roma.
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Tra i privilegi e le indulgenze riconosciuti all’Arciconfraternita si riportano, a mo’ di esempio, i segenti:
- sono privilegiati tutti gli altari di chiesa, di Oratorio, e di cimitero dell’Arciconfraternita (Breve di Clemente XIII Omnium saluti 1765);
- sono parimenti privilegiati tutti gli altari di chiesa, dovunque la Compagnia faccia celebrare messe per chiunque. (Regolamento della Congrega madre di Roma);
- facoltà di celebrare in chiesa due funerali, per settimana, eccettuati i dì festivi e quelli di prima e seconda classe (regolamento di sopra citato);
- facoltà di andare ad associare, a spesa del parroco, i cadaveri dei poveri, qualora esso, ricusandosi facesse trascorrere venti ore senza associarli (Breve di Urbano VII Nuper 1642);
- facoltà di andare ad associare gli uccisi in città con avviso della Pulizia senza neppure interpellare il Parroco (Breve sudd.);
- facoltà di seppellire ovunque i cadaveri associati in campagna, privilegio ora ristretto a tumularli in cimitero all’aperto, o in Chiesa campestre con sepoltura, con pena contro chi si ricusasse di riceverli. (Breve sudd.);
- facoltà di far celebrare la S. Messa nei giorni di associazione in campagna un’ora prima dell’aurora, e un’ora dopo il mezzodì, da celebrarsi anche nelle Chiese rurali per dove passi la Compagnia (Breve di Pio VI Cum inter extera nell’anno 1871);
- facoltà ai confratelli di farsi celebrare la S. Messa in casa durante l’infermità, con la dipendenza della Curia Vescovile pei voluti riguardi di vita. (Bolla di Pio IV. Divino disponente-1560);
- facoltà ai medesimi di eleggere in stato di morte un confessore per essere assoluti dalle censure, nelle quali fossero incorsi (la sudd. Bolla- 1560).
Con il passare degli anni i confratelli si resero conto che la loro attività poco conciliava con l’operato della Parrocchia per cui con le elemosine ed i lasciti acquisiti comprarono un sito nel quartiere del Borgo e vi costruirono una chiesa dedicandola al Patriarca San Giuseppe protettore della Buona Morte.
Il sito si trovava presso il convento dei Frati Conventuali, lungo la strada a sinistra verso la porta della città detta di Sant’Angelo, la strada odierna che va dalla Chiesa del Miracolo Eucaristico sino a sfociare nel Piazzale della Pietrosa.
La richiesta della costruzione della Chiesa fu approvata dall’Arcivescovo Romero il 19 ottobre 1620, mentre il passaggio alla nuova chiesa avvenne, dopo che fu benedetta dall’Arcivescovo Gervasio, il 2 luglio 1622 dove fu traslata la Compagnia della Morte, dopo che la stessa per un brevissimo periodo di tempo fu ospitata presso la Chiesa di San Giovanni; dai documenti in possesso della Confraternita e dalle Cronache del Bocache, si evince che la stessa Chiesa nel quartiere Borgo fu costruita dai Confratelli e consisteva di 5 altari, Coro, Cantoria, Terra Santa, Cripta e fossa dei cadaveri.
I confratelli, pian piano, si avvicinarono sempre più con fede e devozione al culto di San Filippo Neri, facendo diventare la Chiesa un oratorio dedicato a questo Santo: da un documento del 1645, redatto in occasione della visita del Vicario all’oratorio presso la chiesa di San Giuseppe, si parla delle reliquie di San Filippo ed in particolare del sangue del Santo.
Per tutto ciò la Confraternita ottenne un diploma datato 7 gennaio 1777 munito di regio Assenso con quale si aggiungeva all’originario titolo della “Compagnia della Morte ed Orazione” quello di “sotto la protezione di San Filippo Neri”.
Tra i fini che la confraternita si poneva, oltre alla raccolta e sepoltura dei defunti, si ricordano:la vestizione dei poveri e degli ignudi (usanza protrattasi fino ai primi anni del 1900) nonché la raccolta di lasciti e donazioni e l’elargizione di doti per far sposare ragazze povere o per aiutare prostitute redente; a queste attività materiali si associavano le preghiere, le sante Messe e l’Ufficio dei Morti.
Con il passare degli anni il numero degli iscritti alla Confraternita aumentò notevolmente, ciò contribuì ad incrementare il suo prestigio ed autorità, sin ad arrivare a chiedere il riconoscimento ufficiale alla Corte di Napoli che non mancò di concederlo.
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A pag. 672 del Volume VI della Storia Ecclesiastica di Lanciano, si legge di un “lascito a favore dell’Arciconfraternita della Morte della Chiesa di San Giuseppe del Quartiere Borgo, effettuato il 4 maggio 1624 da un certo Giovan Giacomo Antonini, cioè viene concesso l’usufrutto di un fabbricato esistente in una vigna nella Contrada di santa Giovina, confinante con la strada pubblica per cui si va a San Vito”.
La crescente autorevolezza della Confraternita nell’ambito della vita cittadina, le permetteva finanche la scelta del proprio Cappellano tra i sacerdoti che avessero presentato apposita domanda scritta alla Confraternita. Questa ampia autonomia, col passare del tempo, non venne più vista con benevolenza dai prelati del tempo (o forse da quanti non avevano avuto la propria domanda accolta!) ragion per cui, intorno al 1690 venne nominato dalla Curia a Cappellano il Sac. Bodrato.
Incominciarono le ingerenze nella contabilità della Confraternita così come le prime incomprensioni e liti che portarono alla chiusura della Chiesa ed allo scioglimento della Confraternita: immancabile fu il ricorso dei Confratelli a Roma dal Papa, il quale nel 1703 provvide alla riconferma dell’Arciconfraternita. Inevitabile fu, a questo punto, la pace tra la Curia e la Confraternita e si stabilirono i rispettivi compiti sia del Cappellano che del Sodalizio.
La Confraternita grazie alle innumerevoli somme di denaro e di beni di cui disponeva a seguito delle numerose donazioni, divenne nella seconda metà del 1700 una realtà non solo religiosa, ma anche economica, per questo si decise di scindere quella religiosa da quella laica, costituendo per quanto riguarda la prima finalità il Sacro Monte dei Morti, mentre per la seconda intenzione si costituì il Sacro Monte di Pietà o Frumentario.
La Confraternita riuscì a non essere sciolta dal decreto Napoleonico del 1798 che prevedeva la soppressione di tutte le compagnie religiose e laicali ad esclusione di quelle appartenenti al Santissimo Sacramento; continuò ad occuparsi delle tumulazioni e dell’accompagnamento dei cadaveri nelle Chiese fino a tutta la prima metà dell’800, quando una serie di leggi ed editti stabilirono che le sepolture dovessero essere eseguite esclusivamente nei cimiteri. Con l’Unita d’Italia (1861) la Confraternita fu assoggettata al controllo prefettizio ed anche alla “tassa sulla manomorta” (Legge 13 settembre 1874 n° 2078 con regolamento del 25 settembre 1874 n° 2129 e Regio Decreto n° 6535 nel 19.novembre 1889); con questi provvedimenti il declino è inesorabile e da questo momento l’Arciconfraternita si dedica maggiormente al culto del Cristo Morto.
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Dal 1915 al 1945 l’umanità dovette affrontare, in uno spazio di tempo molto breve, due conflitti mondiali con innumerevoli atrocità.
Alla fine della 2^ Guerra Mondiale, ciò che restava della vecchia Chiesa di San Filippo Neri, gia San Giuseppe del Borgo, non era altro che un edificio pericolante, così nel 1952 l’Arcivescovo Mons. Benigno Migliorini volendo concedere una collocazione più decorosa ed appropriata alla Confraternita, in modo particolare per il culto tanto sentito dal popolo lancianese nei confronti del Cristo Morto, promulgò un suo decreto il 3 novembre 1952 con cui dispose il trasferimento in perpetuo della Confraternita dalla Chiesa di San Filippo Neri alla Chiesa di Santa Chiara, adiacente all’antico ed in disuso convento di clarisse; di tale trasferimento fa fede la lapide murata nella parete destra della Chiesa.
Questo trasferimento, però, non si rivelò favorevole per quanto riguarda la vita dell’Arciconfraternita, che affrontò in seguito un periodo di decadenza, con un forte calo nel numero dei confratelli e notevoli difficoltà nel proseguire il culto del Cristo Morto e le tradizioni della Settimana Santa.
Nella vita più recente dell’Arciconfraternita, grazie alla dedizione di tutti coloro che si sono succeduti alla guida del Sodalizio, nonché dei Confratelli e delle Consorelle, si sono di nuovo rivitalizzante le tradizioni di culto tralasciate e dimenticate con il passare degli anni, ed oggi, oltre alla organizzazione dei centenari riti della Settimana Santa, la Confraternita opera concretamente nel sociale e nel culturale con una serie di iniziative che si svolgono nel corso dell’intero anno.
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- Testo e foto tratti dal sito dell' Arciconfraternita della Morte e Orazione di Lanciano.
Esprimo la mia doverosa e sentita riconoscenza all' Arciconfraternita della Morte e Orazione, dal cui sito internet ho attinto il presente materiale fotografico e le note sulla Settimana Santa di Lanciano.